19 agosto 2011

Buonanotte, però davvero.


Te, che i treni erano una cosa diversa.
Tu avevi il privilegio di guidarli, perciò le tue notti erano migliori delle nostre,
anche se fatte di turni assurdi e caffè fuori orario.
Che noi stavamo invece sempre dentro le stesse province. Lì, così a raccontarcela.
Noi vivevamo dentro a stanze spesso vuote, tu su binari dove scorrevano i pensieri di migliaia di persone. Vuoi mettere.
Erano le tue mani che avrei voluto, le stesse mani che dietro al vetro salutavano i casellanti svegli e i colleghi, incrociati al volo, lì veloci, il tempo di vedersi in faccia un secondo appena.
Mi dicesti di esserti innamorato di una donna che girava smarrita in una stazione del nord che non sapeva più chi era e dove doveva andare.
L'hai presa con te. Aveva un cappello di panno in testa che fu la prima cosa, di una lunga serie di cose che aveva in testa, che le buttasti via.
Eri tu che avresti potuto rapire un treno, capendo come fare in base al quadro elettrico, ed andare via.
Che poi dove, dove vanno a finire i treni?