28 maggio 2009

non ci sono solo le arance



La gente del cinema è pazza.
Vivere sempre di finzione.
Ma come è possibile vivere così?
Tu hai presente bene qual’è la realtà di tutti i giorni.
Sei una medico legale. Donna: siete poche.
Tu tutti i giorni guardi in faccia la morte.
Quelle vecchie, di là dalla parete, sembrano fingere di non volere ammettere che stanno per morire.
Passano i pomeriggi a vedere vecchi film alla televisione, e certamente si addormentano sulle loro poltrone sfondate di figlie di gerarca fascista.
Arriverà il giorno in cui arriveranno sul tuo tavolo di marmo e finalmente potrai vederle in faccia e dire loro quanto ti hanno dato fastidio i loro balli di zitelle annoiate.
Tu la noia dello stare soli non la conosci.
La noia deve essere quella cosa che arriva perché nella vita si è previsto ormai tutto, si è deciso tutto, si è delineato tutto.
Certi tuoi colleghi, non sono mai soli, ma non invidi le loro vite di lamentosi, annoiati e ovvi.
Tu hai solo una cosa di cui lamentarti: il clima, perché quando piove, puntualmente ti viene la cervicale. Ma per quella basta un Aulin, e tu puoi averne montagne gratis.
Stasera ballerai come facevano i tuoi genitori, abbracciati.
Ballerai col ricordo di quel bellissimo ragazzo che hai vivisezionato oggi.
Abbraccerai le tue stesse spalle e ti vorrai bene, per quello che hai saputo conquistarti.
La libertà di ballare con i più belli, quando nessun altra può più farlo.
La libertà, di preoccuparti solo della pioggia e della vetusta felicità fascista delle tue vicine di casa.
La libertà di non essere matta come la gente del cinema,
che mette cazzi finti nelle bocce di vetro dei pesci rossi
a causa di un malato gusto per le scenografie kitch.
Tu ballerai sulle note di Perfidia di Perez Prado, che trovi perfetta da dedicare al ragazzo sul tavolo di marmo,
per come è morto ammazzato, in maniera davvero crudele.
E mentre le incartapecorite poseranno i loro pesanti anelli sul comodino, spegneranno le loro abatjour decò e proveranno a dormire coi loro sogni di figlie di gerarca, stanotte tu sognerai il corpo di lui, quel ragazzo.
Ripercorrerai mentalemnte ogni centimetro della sua pelle.
Come fai ogni volta con quelli che ti sono particolarmente piaciuti.
Tu che arrivi a conoscerli fino a fondo, dove le altre no.

13 maggio 2009

lettera aperta



No, "fighetto" non è per te
ma piuttosto per quella tua amica che batteva il tacco aspettandoti vestita radical chic.
Sono polemica in questi giorni
ne vedo troppe di cose che mi fanno incazzare
e ne sento altrettante.
Mi domandi come si fa a fare gli scrittori?
Non so come si fa anche se forse lo sto facendo.
So solo che bisogna scrivere bene le storie giuste
e poi devi avere il culo di piacere a uno di quei tanti editor giovani che sempre più spesso hanno 20 anni perchè costano meno alle case editrici, e io a volte mi chiedo "in che mano siamo?".
Poi so solo che è molto dura
e so che molti hanno fatto gli stagisti da qualche parte.
Io l'unico stage che ho fatto fu a 17 anni con gente che poi è morta.
Mi piacerebbe aiutarti ma non so aiutare nemmeno me.
Posso giusto dirti che alla domenica invece d'andare al mare rimango a casa a vedere film.
Ma non dire più di voler rinascere "bomoll"
perchè io sono solo una sopravissuta.
Non parlo del mio passato perchè non me lo ricordo
e mi invento storie perchè preferisco parlare di qualcun'altro che, anche se non esiste, uno che c'assomiglia, da qualche parte nel mondo, c'è sempre.
Vorrei scrivere una favola "tutta borghese" sulla tua amica
che si spaccia anti-borghese e poi è vestita con le etichette firmate nascoste e parla rubando le parole al Manifesto perchè di sue non ne ha,
e a casa c'ha la pappa pronta fatta con tanto amore da mammina.
Molto meglio questa sua madre che almeno non nasconde le etichette delle maglie e ha la capacità d'amare almeno sua figlia.
Vorrei scrivere di quella sua vita che chi non l'ha la vorrebbe
e chi ce l'ha se la infila su per il culo.
Poi dicono che il mondo è stronzo.
E mentre tu parli con me e la tua amica aspetta nervosa,
con questa pioggia che ci bagna,
perchè siamo di quelli che dimenticano gli ombrelli sempre da un'altra parte,
penso, ah! quant'era meglio Bologna che almeno aveva i portici e si poteva parlare tranquilli e le anti-borghesi si intrattengono guardando le vetrine dei negozi "etici" del centro, senza spaccar le palle con sguardi trucidi.
Eppure sono scappata da quella città che vizia.
Mi piace tenere il coltello per la lama.
Le mie mani belle, a tuo dire, sono piene di tagli.
Si va "avanti"!
come diceva la mia nonna socialista, che poi ci hanno chiamato pure i giornali con quell'avanti.
E tu che vuoi fare il giornalista, scrivi poeticamente, nel senso migliore del termine, quello che si relega alla prosa.
Io penso che dovresti scrivere un romanzo.
Se io fossi un editor lo sceglierei. Ma ho troppi anni per esserlo.
Spero di rivederti, nonostante la tua amica possessiva.
Spero che potremo essere amici e spero che mi scriverai perchè le tue parole sono belle semplicemente e questa è la cosa più difficile, te lo assicuro.
Come diceva Pavese non bastano le velleità, le furie, i sogni,
ci vogliono i coglioni duri per essere amanti... e delle parole, figurati!

10 maggio 2009

The first day


Il primo giorno della tua nuova vita
comincia con un tramonto.
Ecco il sole, lo vedi e non è più in grado di accecare i tuoi nuovi occhi che vedono ciò che non sono mai stati in grado di vedere prima.
Non sei più quello di sempre.
Sei un uomo nuovo.
Nuovi orizzonti, nuovi cervelli.
Lui se ne va e tu cominci.
Ti prepari, la città è là.
Una volta qualcuno ti disse:
sei venuto qui con quell'aria da conquista e so che
arriverà il giorno in cui questa città sarà tua.
Pensavi fosse un pazzo, di quelli che parlano da soli
negli androni dei palazzi e si accovacciano proprio dove pisciano i cani.
Quell'uomo era come il giorno che muore.
Modesto si lascia cadere, perchè sa che c'è sempre un domani per cui tornare.
Sei tu, quello che non ha più un suo ieri ed è costretto ad aspettare la notte per poter dare un senso ad una vita che non è più la tua, ma quella di un predestinato.