13 luglio 2007

tattoo


"Ci vuole tatto a fare i tattoo", dicono.
Per me no, vanno fatti quando te la senti, d'istinto.
Lasciano il loro segno indelebile, per sempre.
E allora? cosa non lo lascia su di noi?
Mica sarà uno scarabocchio a incidere...
non fanno più danni certi ricordi, anche se non più visibili e toccabili?
E' la vita a lasciare il suo segno indelebile giorno dopo giorno,
nel bene e nel male, altro che tatuaggi.
E come andare a cercare un ago nel pagliaio e dare la colpa all'ago e non al pagliaio se non lo si trova...

Dicono: "e se poi mi pento?"
Di cosa? di essere? di essere stati se stessi?
Il tatuaggio va fatto e va dimenticato. Solo allora è degno di chiamarsi tale.
Si faccia più attenzione al "dentro di noi", piuttosto.
L'abuso e l'uso "fatto in un certo modo" dell'esteriorità dovrebbe servire proprio ad esorcizzare l'esteriorità stessa, per darle meno importanza.

Dicono: "e poi quando sono vecchio, tra le rughe e la trippa il tatuaggio farà schifo"
Non so, ma temo che quando si è vecchi non si sta a ritenere di fare schifo e penso i problemi siano altri...
Chiediamolo ai tedeschi settantenni con le spalle, le schiene e i bicipiti "marchiati".
Chiediamogli a cosa pensano la sera, prima di chiudere gli occhi.
Se pensano ai loro tatuaggi tra la pelle raggrinzita o a qualcos'altro.

Io sulla spalla destra ho quel disegno preso dall' album del 1993 dei Big Chief, un gruppo che nemmeno esiste più da anni.
Tre cani che si ingoiano all'infinito.
Ce lo facemmo 12 anni fa, io e un caro amico di San Felice sul Panaro, insieme, uguale.
Il tatuaggio può essere anche questo: un patto d'amicizia, firmato con un pò meno sangue e un pò più d' inchiostro.

L'inchiostro è parte di me. Dentro e fuori.
Come scrivermi e scrivere, altrimenti?