11 febbraio 2008

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Appena Corrado se ne fu andato, lei mise sul piatto un disco moderno. Qualcosa che non c’entrava nulla con l’atmosfera rigorosissima della serata. Era un successo del Sanremo di quell’anno, “Ma che freddo fa” di Nada.
Riccardo era seduto sul dondolo e la guardava turpe.
Succedeva solo quando rimanevano soli, che lui avesse quegli occhi per lei.
“Ma che freddo fa”: il titolo di quella canzone, gridato da Olimpia lì accanto ai falò, non aveva proprio senso. Riccardo storceva la bocca. Era ubriaco.
C’era da farla stare zitta, Olimpia, c’era da tapparle la bocca.
“Cos’è la vita senza l’amore?”
Doveva tacere Olimpia, così lo provocava.
“Questa vità cos’è, se manchi tu?
Provocava un uomo ubriaco.
“Non mi ami più? Che freddo fa”
E provocava se stessa,là dove la spudoratezza è in grado di affondare nelle viscere più intime.
C’era il capanno degli attrezzi del giardino, poco distante. La porta di legno si chiudeva con un catenaccio grezzo ma robusto.
Il tavolo di legno era sgombro per oltre metà della sua superficie, ed era grande. Era grande abbastanza per sostenere entrambi i loro corpi.
- Questa è la notte perfetta.
Lei forse ci credeva davvero a quello che diceva, nel delirio.
Ma lui dubitava fosse solo un modo per legittimare una porcheria.
Era la donna di Corrado. Era la futura moglie del suo migliore amico.
Sapeva d’avere maggiori privilegi di lui, nei suoi confronti, eppure… ecco: c’era un eppure di troppo.
Lo sciolsero, quell’eppure.
Poi lo nascosero.