17 settembre 2007


Il cuore è come un cofano.

Lo segni, lo scalfisci, lo ammacchi e lui si piega, s’accartoccia, si sfonda, ma è come se si adattasse ogni volta ai colpi subiti.
Il tuo non è così.
Sei lì a quella fermata d’autobus.
Rimarrai ad aspettare che arrivi il domani, tutta la notte.
Non aspetti nient’altro e nessun altro.
Ti chiamano l’uomo del giorno dopo, quelli che da un po’ di tempo ti vedono sempre fermo lì.
Tu che posteggi alla tua fermata preferita e vorresti lo facesse anche il tempo.
Ti piacerebbe.
Ma quello trascorre e della tua presunzione da semidio se ne frega.
Osservi la pioggia e i pochi passanti.
Avevi un'amica il cui nome anagrammato diventava quello di Elias Canetti.
Aveva cosce morbidissime che facevano impazzire gli uomini.
Cantava in locali beceri di provincia quelle canzoni che la gente non vuole più sentire.

Portava i capelli sempre legati, rossi ceralacca.

Elisa Catteni era argentina.
D'origine e d'indole.

E’ l’unica donna che ti è stata accanto più di un sol giorno.
Forse perché non capiva quello che dicevi.
Le tue follie.
O forse solo perché le pagavi sempre da bere e non pretendevi quello che pretendevano da lei gli altri, sopra, nelle stanze.
Ma un giorno facendosi capire ti ha detto: me ne vado via.

Non l'hai mai più veduta.

Peccato, quando cantava pareva che una puntina attraversasse i solchi della vita di ognuno, come fosse un antico vinile.