pensieri spalmati su giorni senza data... di cinzia bomoll
23 dicembre 2019
27 maggio 2018
10 gennaio 2017
L'importante era saper ballare
New York è quel tipo di città che da sempre mi fa sentire più me stessa che altrove.
Non lo so perché.
Anzi sì che lo so: ci ho vissuto tanto tempo fa, negli anni 30, e facevo la ballerina di tip tap.
E me ne andavo ad Atlantic City a giocare parte del mio ridicolo stipendio, al casinò.
Andavo col treno, un treno lento e che mi faceva la pelle grigia di carbone.
Se ho mai vinto le volte che andavo laggiù?
Vincevo anche solo il fatto d'essere libera di andarci da sola, che a quei tempi non ce n'erano mica tante come me, senza padre o fidanzato o marito ad accompagnarle.
Io avevo un gatto, va bene? Avevo un gatto che mi dava e cui davo l'affetto che necessita per sentirsi a posto. Un povero gatto nero spelacchiato trovato nell'East Village, che lo volevano scannare dei ragazzini per gioco. E io l'ho preso e me lo sono portato a casa e l'ho infilato nel terrazzino.
- Caga finchè vuoi, basta che la fai lì fuori.
E la merda cadeva di sotto in strada, dalla grata antincendio.
Per farla breve mi sembra ieri che ero là a fare tutte queste cose.
A casa mia, ecco perché mi ci sento a mio agio, perché c'ho già vissuto, e più a lungo di questa vita qua che sto vivendo adesso.
Let's dance tip tap, che sono bravissima e a scuola non ci sono mai andata.
Capito perché?
Non lo so perché.
Anzi sì che lo so: ci ho vissuto tanto tempo fa, negli anni 30, e facevo la ballerina di tip tap.
E me ne andavo ad Atlantic City a giocare parte del mio ridicolo stipendio, al casinò.
Andavo col treno, un treno lento e che mi faceva la pelle grigia di carbone.
Se ho mai vinto le volte che andavo laggiù?
Vincevo anche solo il fatto d'essere libera di andarci da sola, che a quei tempi non ce n'erano mica tante come me, senza padre o fidanzato o marito ad accompagnarle.
Io avevo un gatto, va bene? Avevo un gatto che mi dava e cui davo l'affetto che necessita per sentirsi a posto. Un povero gatto nero spelacchiato trovato nell'East Village, che lo volevano scannare dei ragazzini per gioco. E io l'ho preso e me lo sono portato a casa e l'ho infilato nel terrazzino.
- Caga finchè vuoi, basta che la fai lì fuori.
E la merda cadeva di sotto in strada, dalla grata antincendio.
Per farla breve mi sembra ieri che ero là a fare tutte queste cose.
A casa mia, ecco perché mi ci sento a mio agio, perché c'ho già vissuto, e più a lungo di questa vita qua che sto vivendo adesso.
Let's dance tip tap, che sono bravissima e a scuola non ci sono mai andata.
Capito perché?
16 agosto 2015
Boba è un nome facile da dire, anche a 3, 4 anni, perciò me lo ricordo bene.
Quando ero bambina c'era un amico di mio padre che si chiamava così.
L'aveva conosciuto in uno dei suoi viaggi e un giorno si presentò alla nostra porta.
Boba era della provincia di Sarajevo. Quando i miei erano al lavoro lui ci portava in giro in bicicletta, a me e mio fratello, su due seggiolini appesi uno al manubrio e uno dietro sul portapacchi. Andavamo per il paese e per le piccole strade di campagna. Anche al macero a pescare. O meglio, a fare finta: mica sarà pescare seriamente quando si tirano sù i pesci rossi con la retina!
Poi una volta, fuori dal fruttivendolo, ci rubarono la bicicletta e tornammo a casa a piedi.
Ci sono delle foto, in cui è ritratto. Era moro con una spessa barba. Deve aver avuto sui 25 anni. Lo posso supporre solo dalle fotografie. Non so bene. Da piccoli non si riesce a dare un'età agli adulti. Sembrano grandi e basta. Tutti allo stesso modo. Lui faceva i giochi dei bambini però, coi Lego che era il mio gioco preferito. Costruivamo i paesi. Erano paesi da poco. Molto scarni. Lui diceva che il suo paese era così. E' rimasto ad abitare da noi per mesi, poi ogni tanto andava via e poi tornava. Io non ricordo di preciso quando fu che non si fece più vedere.
Mi è tornato in mente un pò di tempo fa. Per tanti anni nessuno in famiglia ne ha più fatto parola.
Quando ho chiesto che fine aveva fatto Boba, mio padre ha abbassato la testa.
- Non lo so. Non ha più risposto alle lettere.
Non c'erano tutti i mezzi che ci sono adesso per rimanere in contatto con le persone.
Ma non so perchè, qualcosa mi dice che se anche ci fossero stati non avrebbe ugualmente risposto mai più.
Quando ero bambina c'era un amico di mio padre che si chiamava così.
L'aveva conosciuto in uno dei suoi viaggi e un giorno si presentò alla nostra porta.
Boba era della provincia di Sarajevo. Quando i miei erano al lavoro lui ci portava in giro in bicicletta, a me e mio fratello, su due seggiolini appesi uno al manubrio e uno dietro sul portapacchi. Andavamo per il paese e per le piccole strade di campagna. Anche al macero a pescare. O meglio, a fare finta: mica sarà pescare seriamente quando si tirano sù i pesci rossi con la retina!
Poi una volta, fuori dal fruttivendolo, ci rubarono la bicicletta e tornammo a casa a piedi.
Ci sono delle foto, in cui è ritratto. Era moro con una spessa barba. Deve aver avuto sui 25 anni. Lo posso supporre solo dalle fotografie. Non so bene. Da piccoli non si riesce a dare un'età agli adulti. Sembrano grandi e basta. Tutti allo stesso modo. Lui faceva i giochi dei bambini però, coi Lego che era il mio gioco preferito. Costruivamo i paesi. Erano paesi da poco. Molto scarni. Lui diceva che il suo paese era così. E' rimasto ad abitare da noi per mesi, poi ogni tanto andava via e poi tornava. Io non ricordo di preciso quando fu che non si fece più vedere.
Mi è tornato in mente un pò di tempo fa. Per tanti anni nessuno in famiglia ne ha più fatto parola.
Quando ho chiesto che fine aveva fatto Boba, mio padre ha abbassato la testa.
- Non lo so. Non ha più risposto alle lettere.
Non c'erano tutti i mezzi che ci sono adesso per rimanere in contatto con le persone.
Ma non so perchè, qualcosa mi dice che se anche ci fossero stati non avrebbe ugualmente risposto mai più.
09 febbraio 2013
quella specie di addio
Ero di quelle che non lo manifestavano com'erano dentro.
Forse anche per quello sono finita a far la scrittrice.
Erano gli anni in cui la gente fa tutto quel gran parlare attorno a sè, tipico della post adolescenza, degli ormoni impazziti, dell'adrenalina nel corpo e nella mente che ti fa dire anche quello che non vorresti, anche più del dovuto perchè c'è un'urgenza espressiva, un sangue caldo dentro che pulsa ed è, per certi, troppo.
E lui era uno di quelli fatti così, in più ci metti che aveva amici di bar che parlavano poco delle cose serie della vita, perciò appena trovava qualcuno disposto a non alzarsi dagli sgabelli dei pub in quei sabati sera di nebbia emiliana, beh, ne approfittava. E io molte volte sono rimasta lì ad ascoltarlo, più per pigrizia e più per le pinte di birra che mi inchiodavano al tavolo. E perchè aveva gli occhi proprio belli.
E poi tutti quegli anni erano passati ed erano successe tutte quelle cose che succedono quando la gente sta poco attenta ai dettagli.
Ogni tanto c'erano quelle lettere che continuava a scrivermi anche quando cambiavo indirizzo. Non ho mai capito come scoprisse dove andavo a cambiare casa.
Io non lo so se quando stavo ad ascoltarlo, e il più delle volte mi faceva proprio incazzare, era perchè gli volevo un bene speciale.
Io non lo so se in quegli occhi c'avevo trovato quella parte di me che gli occhi li chiudeva.
Io non lo se dopo tanti anni ci penso perchè fa parte del mio passato o vorrei facesse parte del mio futuro.
Io non lo so perchè più a volte vado lontano, nel mondo, dall'altra parte, e più mi viene voglia di abbracciarlo perchè lui sta ancora dove io sono nata.
So solo che devo ringraziarlo, anche se non vorrei, per quello che ho scritto nel mio romanzo.
So che lui non avrebbe voluto, ma in un certo senso ne è responsabile.
16 agosto 2012
nemmeno questi fiori azzurri
Ho visto coppie litigare e lasciarsi al chiosco di Villa Borghese per colpa di una macchia di cioccolato scivolata su pantaloni bianchi di lino.
Ho visto bambini prendere schiaffi dalle madri per essersi fermati a guadare impietositi i barboni accalcati vicino alla Stazione Termini.
Ho visto ragazze piangere tutta la notte sotto finestre dei Parioli dalle luci spente e nel buio ragazzi ridere e torcere con le mani i preziosi tendaggi di famiglia.
Ho visto altre ragazze urlare isteriche e mandare affanculo intere compagnie sedute accanto alle fontane di Piazza Navona per colpa di un unghia col french spezzatasi contro il travertino.
Ho visto turiste svedesi al Pigneto rincorse da uomini con la lingua fuori non per il caldo che sono gli stessi uomini che una volta erano i ragazzetti che andavano con Pasolini.
Ho visto falò di notte verso Tor Bella Monaca dove solo dio sa cosa bruciavano e un fumo denso e acre riempire i polmoni di giovanissime albanesi in zoccoli altissimi che si bisbigliavano nelle orecchie poco più in là.
Ho visto cani abbandonati per strada con al collo targhette impreziosite da strass e nomi di attori di Hollywood impresse sopra.
Ho visto me allo specchio stamattina e mi son detta: è ora di andarsene via per un pò.
Ho visto bambini prendere schiaffi dalle madri per essersi fermati a guadare impietositi i barboni accalcati vicino alla Stazione Termini.
Ho visto ragazze piangere tutta la notte sotto finestre dei Parioli dalle luci spente e nel buio ragazzi ridere e torcere con le mani i preziosi tendaggi di famiglia.
Ho visto altre ragazze urlare isteriche e mandare affanculo intere compagnie sedute accanto alle fontane di Piazza Navona per colpa di un unghia col french spezzatasi contro il travertino.
Ho visto turiste svedesi al Pigneto rincorse da uomini con la lingua fuori non per il caldo che sono gli stessi uomini che una volta erano i ragazzetti che andavano con Pasolini.
Ho visto falò di notte verso Tor Bella Monaca dove solo dio sa cosa bruciavano e un fumo denso e acre riempire i polmoni di giovanissime albanesi in zoccoli altissimi che si bisbigliavano nelle orecchie poco più in là.
Ho visto cani abbandonati per strada con al collo targhette impreziosite da strass e nomi di attori di Hollywood impresse sopra.
Ho visto me allo specchio stamattina e mi son detta: è ora di andarsene via per un pò.
03 giugno 2012
La terra trema
Questo sorriso è roba di Modena.
Mia cugina va dicendo che va tutto bene.
- Uno squasso e via, poi vita nuova!
E sospira.
- Oh, l'altalena non è mai dondolata così a meraviglia!
Mentre lo dice le si smeriglia il cuore, ma son belle le sue scintille.
Tutto il resto son davvero noccioline.
17 febbraio 2012
Gli schiaffi mai dati
Sono stata bambina tra bambini che non lo erano.
Alle elementari avevo un compagno di scuola che a dieci anni aveva la pistola. In bagno durante la ricreazione la mostrava agli amichetti e si faceva grande assai.
Era grande, grande nel peggior dei termini.
Gli altri bambini lo ammiravano e ben presto alcuni riuscirono ad avere anche loro una pistola.
Si era sparsa la voce che c’era un signore che ti poteva regalare una pistola a patto che tu poi facevi qualche lavoretto per lui. Io li sentivo in bagno questi discorsi, di là dal muro.
Mi piaceva spiare i discorsi dei maschi mentre mi sistemavo i nastri rosa tra i capelli riflessa nello specchio. Mi fissavo e facevo le smorfie e mi chiedevo se anche io avrei potuto avere una pistola o se era solo una cosa per maschi.
Avevo nove anni. O capivo poco o capivo troppo, nessuno mi ha mai detto come stavano le cose.
So solo che ne parlai con mio fratello più grande, che con mia madre non tenevo il coraggio. Mi diede uno schiaffone che mi fece cadere a terra. Me lo ricordai tutta la vita.
Io ceffoni così a mio marito non ne ho potuti dare. Ma solo per una questione di rispetto, che l'istinto ce l'avrei avuto. A mio figlio sì, finchè era piccolo, ma ora so che sono serviti ben a poco. Sempre per quella faccenda delle pistole.
Ho capito che è questa la differenza tra i maschi e le femmine: dare schiaffi alle femmine serve. Ai maschi no.
Alle elementari avevo un compagno di scuola che a dieci anni aveva la pistola. In bagno durante la ricreazione la mostrava agli amichetti e si faceva grande assai.
Era grande, grande nel peggior dei termini.
Gli altri bambini lo ammiravano e ben presto alcuni riuscirono ad avere anche loro una pistola.
Si era sparsa la voce che c’era un signore che ti poteva regalare una pistola a patto che tu poi facevi qualche lavoretto per lui. Io li sentivo in bagno questi discorsi, di là dal muro.
Mi piaceva spiare i discorsi dei maschi mentre mi sistemavo i nastri rosa tra i capelli riflessa nello specchio. Mi fissavo e facevo le smorfie e mi chiedevo se anche io avrei potuto avere una pistola o se era solo una cosa per maschi.
Avevo nove anni. O capivo poco o capivo troppo, nessuno mi ha mai detto come stavano le cose.
So solo che ne parlai con mio fratello più grande, che con mia madre non tenevo il coraggio. Mi diede uno schiaffone che mi fece cadere a terra. Me lo ricordai tutta la vita.
Io ceffoni così a mio marito non ne ho potuti dare. Ma solo per una questione di rispetto, che l'istinto ce l'avrei avuto. A mio figlio sì, finchè era piccolo, ma ora so che sono serviti ben a poco. Sempre per quella faccenda delle pistole.
Ho capito che è questa la differenza tra i maschi e le femmine: dare schiaffi alle femmine serve. Ai maschi no.
30 gennaio 2012
e questo l'hai imparato ai tuoi corsi di tango?
- Sei in ritardo di un’ora.
- Aspettavo smettesse di piovere.
- Piove da ore. Come puoi pensare che smetta per te, solo perché in otto anni non sei riuscita a convertirti agli ombrelli?
- E’ così bello passeggiare sotto la pioggia.
- Sì, poi ci manca che cantiamo.
- ...ti sei poi deciso a vedere quel film. Senza di me.
- Non hai niente di meglio da dirmi dopo tutti questi anni?
- Non so, non mi viene in mente niente di sensato.
- Cosa mi diresti se fossi uno che hai conosciuto stasera?
- Che sei bello.
- Ti fa piacere rivedermi?
- Non tanto.
- La prossima volta andrà meglio.
- Ci sarà una prossima volta?
- Perché non dovrebbe esserci?
- Perché potrebbe non esserci.
- Sei una donna intelligente.
- Ti ha sempre fatto comodo pensarlo.
- Non fare così. Perché devi rovinare tutto?
- Non c’è niente da rovinare.
- Poteva essere una bella serata.
- Una bella serata? Ma se siamo solo due sopravvissuti.
- Sei sempre quella.
- Sono sempre stata me stessa. Tutto qua.
- Allora adesso baciami, ti prego.
16 dicembre 2011
soffitte e cappelli, e forse la luna
A tutti quelli che ti hanno detto che con quella faccia dovevi fare l'attrice
ribadisci che ci vuole troppo desiderio per essere dediti a quella grande follia.
Non ti interessa poter essere qualcun'altro, qualcos'altro.
Non c'è nulla da fare, preferisci starne al di fuori.
Non ti piace essere guardata, preferisci guardare.
Non ti piace essere ascoltata, preferisci ascoltare.
Esistesse un luogo dove è possibile poter guardare il mondo
senza starci troppo in mezzo, ci andresti.
Tipo una soffitta, al sesto piano di un palazzo abbastanza antico da poter avere sei piani, e da lì vedere la luna. La luna che ti ricorda quella canzone.
"Alice guarda i gatti..."
Certa gente ama i gatti perchè non può reggere la fedeltà dei cani.
Gli uomini si dividono in cani e gatti,
ma loro non sanno da che parte stanno.
Lo sa solo chi li vede da fuori.
Da chi li sa ascoltare. Come fai tu.
Io sogno di scrivere un romanzo gotico, con te come protagonista,
e di dedicartelo, ragazza che ami gli uomini col cappello.
15 dicembre 2011
tremate tremate le gemelle son tornate
Un pò più cattive, perchè meno tagliate.
E, detto di Ester, sembra un eufemismo.
Nella versione digitale del romanzo su Kindle di Amazon, eccole.
Alice con la sua arroganza, Ester con la sua ambiguità.
E' un esperimento.
E' un dovere verso i lettori che mi hanno scritto dicendo di cercarlo in libreria e on-line, senza trovarlo.
Sì perchè il romanzo pubblicato da Fazi Editore nel 2006 è esaurito e contemporaneamente i diritti sono tornati a me.
Ho pensato di rispolverare la versione integrale. Con 50 pagine in più.
Senza i tagli dell'editor della casa editrice di quei tempi.
Era Massimiliano Governi, persona meravigliosa e bella testa.
Lui fece un lavoro sublime ma sentivo la necessità di pubblicare qualcosa di diverso da ciò che già uscì in libreria.
Perciò eccolo, per voi, in Kindle Amazon.
30 novembre 2011
Buonocore
La città li stava a guardare.
Napoli si ricorda tutto.
Ha visto in faccia quei due ragazzi.
Ma non ha gridato per avvertirti, il giorno dopo.
Non poteva, le hanno tagliato la lingua troppe volte.
Non riesce più nemmeno a parlare.
A volte però intona una melodia, te ne sei accorta?
Lo fa con una nenia di gola.
Ha qualcosa di tragicamente malinconico accompagnata dal rumore del mare.
E voi, non ditemi che avete percorso queste strade e ci avete visto solo la spazzatura abbandonata ai lati.
Perché allora voi siete ciechi.
11 novembre 2011
sixty nine inch nails
La sera che si incontrarono si amarono subito.
Bastò poco.
L’odore, la fretta e la paura di non esserne capaci.
Era una calda sera di luglio.
L’uomo metteva il piede sulla luna per la prima volta.
Loro erano di quelli che non ci volevano credere.
Stavano in mezzo alla strada a guardare in su, perplessi e cinici.
Quando si scontrarono, non badarono ai rispettivi volti.
Provarono un’istintiva paura e per questo si attrassero,
rimanendo però voltati ognuno dalla parte opposta.
Perché là, c’era l’altra faccia della loro luna.
Quella in ombra.
Quella vera.
Quella che non potevano mostrare.
19 agosto 2011
Buonanotte, però davvero.
Te, che i treni erano una cosa diversa.
Tu avevi il privilegio di guidarli, perciò le tue notti erano migliori delle nostre,
anche se fatte di turni assurdi e caffè fuori orario.
Che noi stavamo invece sempre dentro le stesse province. Lì, così a raccontarcela.
Noi vivevamo dentro a stanze spesso vuote, tu su binari dove scorrevano i pensieri di migliaia di persone. Vuoi mettere.
Erano le tue mani che avrei voluto, le stesse mani che dietro al vetro salutavano i casellanti svegli e i colleghi, incrociati al volo, lì veloci, il tempo di vedersi in faccia un secondo appena.
Mi dicesti di esserti innamorato di una donna che girava smarrita in una stazione del nord che non sapeva più chi era e dove doveva andare.
L'hai presa con te. Aveva un cappello di panno in testa che fu la prima cosa, di una lunga serie di cose che aveva in testa, che le buttasti via.
Eri tu che avresti potuto rapire un treno, capendo come fare in base al quadro elettrico, ed andare via.
Che poi dove, dove vanno a finire i treni?
08 agosto 2011
Libertà, mica pizza e fichi...
E poi capiti in quei supermercati di provincia del nord, tanto simili apparentemente a quelli in cui dall'altra parte dell'Oceano, qualcuno un giorno impazzisce e spara all'interno di essi, tra le corsie, tra le casalinghe ancor più disperate, tra qualche mormone che infrange le sue regole e va a comprare biscotti ipercalorici ma buonissimi, con più burro in un etto che dentro alle mammelle della sua vacca che tiene legata al recinto di casa.
E in quei supermercati c'è sempre uno scaffale riservato ai libri, anche perchè di solito quei piccoli paesi di provincia le librerie non ce le hanno, e allora l'unico posto dove ficcarli è lì dentro, accanto ai prosciutti di Parma.
Io vengo da uno di questi paesi e ogni tanto ci torno e oggi c'ho comprato "Libertà".
Sì, sarebbe bello fosse una metafora, magari la vendessero al supermercato, e invece è solo il titolo del libro di Franzen.
Già dalle prime pagine sento che sarà la piacevole lettura di questo mezzo agosto, dove tra lavori di scrittura miei e il pensiero di un nuovo film, sono certa sto libro farà la sua porca figura. Tanto quanto i suini coscioni che ha avuto per vicini fino a stamane...
Emilia unta e cicciona, t'adoro e mi sa tanto che assomigli già a Ramsey Hill...
31 maggio 2011
E pace in terra ai registi di buona volontà
"Et in terra pax" è un film che è uscito lo stesso week end del mio e mi ha colpito enormemente. A volte sarebbe bello se a scrivere di cinema non fossero solo i critici ma i registi, parlando degli altri registi...
Questo è un film necessario. Vedetelo e consolatevi, perché voi non farete mai quella fine lì. Perché voi che andate a vedere questo film fate certo parte di un altro mondo, però è giusto che sappiate com’è fatto questo. Questo film è proprio per voi, che amate il cinema, pur essendo la storia di quelli che al cinema non ci vanno e “manco je ne frega ‘na cippa”.
E’ un vero peccato che questo film sia distribuito in sole 3 copie, tra Roma e Latina, come se la lingua dei personaggi fosse una discriminante perché, Corviale a parte - abilmente scelto come location del film per la “bellezza” scenografica - questa è in realtà la storia di tutte le periferie dell’anima.
Per questo, vedendo “Et in Terra Pax”, possono saltare alla mente altre terre come quelle de “L’odio”, “Gomorra”, “Mamma Roma”, “City of God,”, “Made in Britain” e di un certo documentarismo sociale.
E’ vero che in queste periferie non succede nient’altro che quello che si vede in questo film, specie se si sta tutto il tempo seduti su una panchina, lasciandosi scorrere la vita addosso, “spingendo” più volentieri la roba che la propria esistenza.
Ma sono piuttosto situazioni dell’anima, più che luoghi veri e propri, per questo sono certa, da regista, che la scelta del Corviale, è stata dettata solo da esigenze artistiche, e che i registi Botrugno e Coluccini non avrebbero mai la pretesa di sostenere che lì non c’è nessuna via d’uscita, (no, perchè se gli togli pure la speranza a quelli che vivono lì, tanto vale spacciargli pure le corde con cui impiccarsi oltre che le varie polveri).
Grazie ad un cielo che può essere uguale per tutti, al contrario della terra, c’è chi, come Sonia, può riscattarsi avendo già pagato a duro prezzo il fatto di essere diversa dagli altri. Lei è l’unica che desidera qualcosa in più. Gli occhi che ha lei, nel finale del film, quando guarda fuori dalla finestra del serpente di cemento in cui è rinchiusa, sono quelli di chi è in grado di intravedere oltre la piattezza del quotidiano, un domani. Probabile o no che sia, è già molto provare a crederci, quando si è stati stuprati “dentro” come lei.
Magnifici gli attori e le attrici di questo film. C’è un cast sublime. Belle facce, che sembrano prese veramente dalla strada, di un’amenità disarmante. Bravi e brave, per la naturalezza recitativa che non si sfibra, come sarebbe potuto accadere in un film del genere. Prendiamo nota dei loro nomi, ricordiamoceli, anche se nessuno di loro è un “famoso” da botteghino. Questi “bravi ragazzi” sono in grado di passare magistralmente dall’ ironia coatta e spicciola a monologhi anarchici sul senso della vita, e dalla tragedia greca più antica a quella contemporanea.
E’ proprio negli attori che c’è la maggior parte del sottotesto del film, quello che non è stato scritto in una sceneggiatura certo volutamente molto scarna. Qui è tutto il resto che conta. Se ci sono film che si possono permettere di non scrivere tutto sulla carta, sono proprio questi, dove la regia già matura non scade nei virtuosismi inopportuni frequenti delle opere prime, la fotografia girata in Red è “altissima” e fa davvero venir voglia d’abbandonare una volta per tutte la pellicola, e la musica classica, che sta sempre bene ovunque, tantopiù qui, completano il senso dell’opera.
Perché questo, ancor prima di un film è un’opera degna di questo nome.
05 maggio 2011
Esce... ed è come partorire gemelle, che però non sono come quelle del libro...
Ed eccolo il 27 maggio, sempre meno come un miraggio e sempre più come un giorno vero in carne ed ossa prende forma.
Sarà un venerdì quasi d'estate, con la gente che esce e va ai chioschi di gelato e organizza d'andare alle spiagge, la domenica.
Per tutti sarà un venerdì come tanti altri, per me no.
Partorirò sta nuova creatura, a cui voglio già bene, anche se ancora non ha visto la luce, ma l'ho vista io sterminate volte all'ecografia....
C'è voluto tanto, troppo, per fare questo secondo figlio.
Che nel frattempo se ne sarebbero fatti due.
Ma mia nonna, che ne ha fatti nove, e diceva che era facile, come faceva a parlare così?
Le donne d'altri tempi erano davvero di tempra tosta.
Io ho sempre preso mia nonna come donna esemplare. Lei che era della stessa terra di Alfonsina Strada, donna temeraria, in quel mondo solitamente per uomini.
Mi auguro solo che a questo bambino qualcuno voglia bene, che sia schiaffegiato, sì, all'uscita, come si fa con tutti, ma che poi possa respirare, piangere e infine alzarsi in piedi e camminare con gambe sue.
E io rimango qui, donna da gravidanze cinematografiche, aspettando di concepire il prossimo... perchè sì, come mia nonna, vorrei tanti figli...
03 febbraio 2011
dolci notti
New York mi ha fatto bene,
come fa sempre bene andarsene.
Chissà perchè i viaggi ti fanno capire meglio chi sei davvero,
specie se li fai in solitudine.
Ti fanno capire cosa vuoi
e soprattutto cosa non vuoi.
Cosa non vuoi più.
Cosa non vorrai mai.
A volte basta poco e la tua vita si alleggerisce
dal peso di luoghi comuni e fobie.
Tutte quelle assurdità, perdono il peso che avevano.
E senti che finalmente sulle tue spalle non grava più
il peso delle cose inutili,
che non ho mai capito perchè più sono inutili, più sono pesanti.
E più ti schiacciano.
Ora per un pò, sì, posso volare.
22 novembre 2010
Borges
Borges si infilò nel guardaroba di una casa editrice argentina che stampava una rivista per cui scrivevano alcuni critici letterari... mise il suo primo libro nelle tasche dei loro cappotti e aspettò... dopo qualche mese su quella rivista lesse alcune recensioni su di lui e cominciò a sentire in giro il suo nome accostato alla parola poeta...
30 ottobre 2010
isola del cinema
Che non lo sia, il cinema, su un'isola...
che sia tra la gente, nelle strade, nei cuori...
Aspettiamo che qualcosa cambi
per permettercelo
a quelli come noi,
per cui il cinema è una ragione di vita,
un credo, un bisogno di esprimerci.
Affinchè ogni regista faccia un film libero,
affinche nessun'altro balli un ballo che è di chi lo vuole ballare.
Come un diritto a vivere....
31 agosto 2010
belle coppie
C'è sempre una Norma Desmond
che nei sabati sera organizza i suoi poker
come in "Viale del tramonto"
coi suoi dinoccolati e muti amici attori, quelli del suo stesso cinema muto.
Sarebbe bene essere anche noi a volte come lui, Buster Keaton,
anche noi così dinoccolati e muti...
Mentre è solo sabbia in bocca
quella che ci lascia lì perplessi.
Rimaniamo a ciancicar Martini Bianco col ghiaccio, e non parole.
Domani sarò felice d'esser rimasta a vedere quel neon dal letto, insonne.
A guardarla solo passare in strada, la gente.
In rosso lampeggia: ristorante Amarcord.
Adesso lo so, Dio fa la cameriera a Carpi
e si lascia toccare il culo.
10 giugno 2010
suonala ancora Sam...
Se tu fossi nata nel Maine i tuoi attuali 1.461 amici avrebbero sottoscritto la tua fanpage su Facebook nella quale non saresti mai entrata perchè gestita da uno schiavizzato adorante tuo fan made in USA. Avremmo goduto delle tue esaltanti inquadrature e delle tue storie di confine emotivo capaci di arrivare fin dentro le budella di milioni di occhi, trascinandoli nei mondi che si agitano in te. Quelli che partono dalle tue spazientite sopracciglia fin dentro la tazza del cesso sulla quale ti siedi al mattino.
Avresti avuto una storia con un talentuoso cineasta newyorkese invidioso del tuo culo che "fa provincia" e ossessionato dalla nuance del tuo platino e del tuo nero corvino. Lo avresti portato al suicidio, unico rimedio per tentare di viaggiare alla tua altezza anche solo il tempo di un necrologio.
I tuoi oltraggiosi ritratti in bianco nero avrebbero occupato le pagine di People, le recensioni delle tue opere avrebbero adornato la fantasia di potenziali registi in erba, come palline di natale su un'abete reciso.
Se tu fossi nata nel Maine, invece che consumare il mio tempo su questa bacheca, che si ostina a non dialogare con me, starei su qualche sito porno a gingillarmi con attricette porno coreane prima di iniziare questa afosa giornata di giugno... (lettera mandatami da Sam Stoner)
02 febbraio 2010
e te ne vai
Lei non aveva il coraggio di voltarsi dalla sua parte.
Davvero non ce l’aveva? Nemmeno per sapere dove stava guardando, in una circostanza tanto imbarazzante, mentre si fumava quella dannata sigaretta?
Si girò di scatto e vide che stava guardando i suoi fianchi.
Lui s'accorse che lei se n'era accorta. La guardò negli occhi, per sviare. Fu tardi. L'aveva già beccato.
Rimasero a fissarsi senza parlare.
Lei guardò che lui finisse la sua sigaretta, e sorrise un po’.
Che coraggio aveva avuto. Non aveva abbassato lo sguardo nemmeno un secondo.
Era pronta. Domani sarebbe andata a cercare l’altro uomo.
17 gennaio 2010
chiodi e cristalli
La poesia non mi si è mai confatta
dunque la cerco nella parola rarefatta
Mi piace il suono della c seguita dalla acca
dunque penso chiodi e mi pare una parola che spacca.
Chiodi e Cristo parebbe troppo ovvio?
Dunque chiodi e cristalli, allora così ovvio.
Certo a proposito d'ovvietà promosse
così c'hanno chiamato perfino giubbotti e cinema a luci rosse...
altrimenti pungono e forano
si frantumano e tagliano...
Oddio che tragedia,
in questa poesiola da terza media!
Se poi ripensi ai chiodi piantati su Gesù
e alla notte dei Cristalli, non ce la si fa più.
Si pensi allora a quelli di garofano e a quelli di sale
sembran gli unici a non far male.
Ti piacerebbe un pò di sollazzo?
e invece stocazzo!
fanno piangere entrambi
ancor più del film di Bambi !
Il primo la maltrattata memoria socialista
il secondo, mettilo negli occhi e addio vista!
Certo potevo sceglier parole più poetiche e carine
ma a saltarmi in mente son state le prime.
E io che mi illudevo bastasse aspettare Godot
per trovar la rima in fondo ad un bicchiere di Merlot..
Ormai la mia anima di carta è bell'e sputtanata
prima ancor che sia finita questa poetica giornata...
Faccio ancora in tempo ad appender la mia penna al muro,
beh, almeno un chiodo dentro questa pagina lo trovo di sicuro.
E ai cristalli di un lampadario mi ci impicco appendendo una fune
e all'ultima riga senza rima, com'è giusto che sia, giungo alla fine.
14 dicembre 2009
come è vero dio
Siamo come cani randagi.
Ci aggiriamo nella notte, nella città, nel puzzo del nostro stesso piscio,
rassicurandocene.
Aspettiamo l'alba di un giorno della prossima settimana come se fosse già passato.
Tutto è scontato come è vero dio: perciò le sorprese sono sempre dietro l'angolo.
A volte zoppichiamo, a volte facciamo a botte coi nostri simili,
a volte ci prendono a calci e basta.
Sono gli uomini, quelli sempre più cattivi di noi.
Ci fanno schifo gli uomini che ci calciano senza motivo, solo perchè siamo cani randagi.
Ci fanno schifo le loro scarpe lucide: puzzano più dei nostri culi.
Noi, che la carta igienica, non c'è concessa.
07 novembre 2009
frange corte
Macchè bottiglie di spumante
solo storie di capelli.
Occhi ben in vista
verso l'orizzonte nitido.
Sabato sera, dopo il sabato del villaggio.
Si parte verso notti accompagnate da musica dark
si avanza con tacchi in bilico
su strade interrotte da superare...
24 ottobre 2009
... ciak e cicatrice sia...
L'attacco l'anima al muro, ok,
ma che sia in bianco e nero.
Affondo il cuore in un budello di vincoli, ok,
mi sta pure bene,
non sono solita sputare nei piatti dove mangio.
Sì, ce lo mischio, il sangue con il vomito, sempre roba mia è.
E se si rompe la sottile pelle che separa i due modi di vedere le cose?
amen, cicatrice sia, tanto ormai so che tutto si recupera.
E' solo questione di tempo.
Aspetterò il meglio del meglio,
sospendo per ora le aspettative,
mi dedico al dòmino del destino.
Cadono una ad una le volontà, ma anche le sofferenze.
Mi sono stancata della coerenza dell'ombra,
son buoni tutti a sputtanare mentre rimangono nascosti nel buio.
Vigliacca proprio no,
piuttosto mi aggrappo ad un'inquadratura più stretta, anche se di poco.
Per me che domenica capita solo una volta al mese,
ma la ritengo una fortuna,
perchè per certi mai.
15 luglio 2009
non per le luci
E' per altro
per ciò che piuttosto sta dietro
per le ombre
per i chiaroscuri
per i dettagli cupi.
Ciò che più salta all'occhio spesso è falso,
la verità sta al buio.
Se voglio le luci
devo sapere che continuo ad illudermi
di vedere una posticcia realtà.
Non devo lamentarmi poi se il mio bel quadretto crolla,
tutto in una volta,
solo perchè a volte ho avuto paura del buio.
30 giugno 2009
bei tempi
28 maggio 2009
non ci sono solo le arance
La gente del cinema è pazza.
Vivere sempre di finzione.
Ma come è possibile vivere così?
Tu hai presente bene qual’è la realtà di tutti i giorni.
Sei una medico legale. Donna: siete poche.
Tu tutti i giorni guardi in faccia la morte.
Quelle vecchie, di là dalla parete, sembrano fingere di non volere ammettere che stanno per morire.
Passano i pomeriggi a vedere vecchi film alla televisione, e certamente si addormentano sulle loro poltrone sfondate di figlie di gerarca fascista.
Arriverà il giorno in cui arriveranno sul tuo tavolo di marmo e finalmente potrai vederle in faccia e dire loro quanto ti hanno dato fastidio i loro balli di zitelle annoiate.
Tu la noia dello stare soli non la conosci.
La noia deve essere quella cosa che arriva perché nella vita si è previsto ormai tutto, si è deciso tutto, si è delineato tutto.
Certi tuoi colleghi, non sono mai soli, ma non invidi le loro vite di lamentosi, annoiati e ovvi.
Tu hai solo una cosa di cui lamentarti: il clima, perché quando piove, puntualmente ti viene la cervicale. Ma per quella basta un Aulin, e tu puoi averne montagne gratis.
Stasera ballerai come facevano i tuoi genitori, abbracciati.
Ballerai col ricordo di quel bellissimo ragazzo che hai vivisezionato oggi.
Abbraccerai le tue stesse spalle e ti vorrai bene, per quello che hai saputo conquistarti.
La libertà di ballare con i più belli, quando nessun altra può più farlo.
La libertà, di preoccuparti solo della pioggia e della vetusta felicità fascista delle tue vicine di casa.
La libertà di non essere matta come la gente del cinema,
che mette cazzi finti nelle bocce di vetro dei pesci rossi
a causa di un malato gusto per le scenografie kitch.
Tu ballerai sulle note di Perfidia di Perez Prado, che trovi perfetta da dedicare al ragazzo sul tavolo di marmo,
per come è morto ammazzato, in maniera davvero crudele.
E mentre le incartapecorite poseranno i loro pesanti anelli sul comodino, spegneranno le loro abatjour decò e proveranno a dormire coi loro sogni di figlie di gerarca, stanotte tu sognerai il corpo di lui, quel ragazzo.
Ripercorrerai mentalemnte ogni centimetro della sua pelle.
Come fai ogni volta con quelli che ti sono particolarmente piaciuti.
Tu che arrivi a conoscerli fino a fondo, dove le altre no.
13 maggio 2009
lettera aperta
No, "fighetto" non è per te
ma piuttosto per quella tua amica che batteva il tacco aspettandoti vestita radical chic.
Sono polemica in questi giorni
ne vedo troppe di cose che mi fanno incazzare
e ne sento altrettante.
Mi domandi come si fa a fare gli scrittori?
Non so come si fa anche se forse lo sto facendo.
So solo che bisogna scrivere bene le storie giuste
e poi devi avere il culo di piacere a uno di quei tanti editor giovani che sempre più spesso hanno 20 anni perchè costano meno alle case editrici, e io a volte mi chiedo "in che mano siamo?".
Poi so solo che è molto dura
e so che molti hanno fatto gli stagisti da qualche parte.
Io l'unico stage che ho fatto fu a 17 anni con gente che poi è morta.
Mi piacerebbe aiutarti ma non so aiutare nemmeno me.
Posso giusto dirti che alla domenica invece d'andare al mare rimango a casa a vedere film.
Ma non dire più di voler rinascere "bomoll"
perchè io sono solo una sopravissuta.
Non parlo del mio passato perchè non me lo ricordo
e mi invento storie perchè preferisco parlare di qualcun'altro che, anche se non esiste, uno che c'assomiglia, da qualche parte nel mondo, c'è sempre.
Vorrei scrivere una favola "tutta borghese" sulla tua amica
che si spaccia anti-borghese e poi è vestita con le etichette firmate nascoste e parla rubando le parole al Manifesto perchè di sue non ne ha,
e a casa c'ha la pappa pronta fatta con tanto amore da mammina.
Molto meglio questa sua madre che almeno non nasconde le etichette delle maglie e ha la capacità d'amare almeno sua figlia.
Vorrei scrivere di quella sua vita che chi non l'ha la vorrebbe
e chi ce l'ha se la infila su per il culo.
Poi dicono che il mondo è stronzo.
E mentre tu parli con me e la tua amica aspetta nervosa,
con questa pioggia che ci bagna,
perchè siamo di quelli che dimenticano gli ombrelli sempre da un'altra parte,
penso, ah! quant'era meglio Bologna che almeno aveva i portici e si poteva parlare tranquilli e le anti-borghesi si intrattengono guardando le vetrine dei negozi "etici" del centro, senza spaccar le palle con sguardi trucidi.
Eppure sono scappata da quella città che vizia.
Mi piace tenere il coltello per la lama.
Le mie mani belle, a tuo dire, sono piene di tagli.
Si va "avanti"!
come diceva la mia nonna socialista, che poi ci hanno chiamato pure i giornali con quell'avanti.
E tu che vuoi fare il giornalista, scrivi poeticamente, nel senso migliore del termine, quello che si relega alla prosa.
Io penso che dovresti scrivere un romanzo.
Se io fossi un editor lo sceglierei. Ma ho troppi anni per esserlo.
Spero di rivederti, nonostante la tua amica possessiva.
Spero che potremo essere amici e spero che mi scriverai perchè le tue parole sono belle semplicemente e questa è la cosa più difficile, te lo assicuro.
Come diceva Pavese non bastano le velleità, le furie, i sogni,
ci vogliono i coglioni duri per essere amanti... e delle parole, figurati!
10 maggio 2009
The first day
Il primo giorno della tua nuova vita
comincia con un tramonto.
Ecco il sole, lo vedi e non è più in grado di accecare i tuoi nuovi occhi che vedono ciò che non sono mai stati in grado di vedere prima.
Non sei più quello di sempre.
Sei un uomo nuovo.
Nuovi orizzonti, nuovi cervelli.
Lui se ne va e tu cominci.
Ti prepari, la città è là.
Una volta qualcuno ti disse:
sei venuto qui con quell'aria da conquista e so che
arriverà il giorno in cui questa città sarà tua.
Pensavi fosse un pazzo, di quelli che parlano da soli
negli androni dei palazzi e si accovacciano proprio dove pisciano i cani.
Quell'uomo era come il giorno che muore.
Modesto si lascia cadere, perchè sa che c'è sempre un domani per cui tornare.
Sei tu, quello che non ha più un suo ieri ed è costretto ad aspettare la notte per poter dare un senso ad una vita che non è più la tua, ma quella di un predestinato.
27 aprile 2009
galera
Quando te li trovi lì davanti, hai un sussulto in fondo al cuore. E’ di compassione.
Ti volti. Dai loro le spalle. Guardi la parete bianco sporco con le impronte di diverse scarpe che vi sono state appoggiate nel tempo. C’è anche la tua.
Tua madre piange. Si rivolge ad uno dei poliziotti.
- Ve lo giuro. Era così carino, una volta. Dovevate vederlo, era un bambino così dolce ed educato. E’ la scuola che me lo ha rovinato. Ultimamente sta con certi compagni d’universtà… certa gentaccia brutta!
Il poliziotto ti domanda:
- Perché ti sei messo a stare con quel tipo di gente?
- Perché la “mia“ gente non mi piace.
- Cos’ha quella in più della “tua”?
- Ha meno. Ma è proprio per questo che è meglio.
Tuo padre non ti guarda.
Tu taci e tieni le mani in tasca. Lì dentro, ti dimentichi che non dovresti.
22 aprile 2009
06 marzo 2009
rien ne vas plus
Lei, quando lui se ne andava,
adorava rimanersene sdraiata sola,
a guardare le lenzuola stropicciate e sudate
quando lui non c’era più,
dopo aver aperto un pò la finestra
che dava su un cortile interno,
per fare entrare un po’ d’aria,
e ascoltava solo lo stegamare della cucina del ristorante lì sotto,
che a quell’ora s’apprestava a principiar di cucinare.
Era soddisfatta, finalmente,
di sé stessa mentre si contemplava le cosce arrossate
e mentre con le dita si sfiorava le labbra ancora gonfie:
a settembre avrebbe avuto i soldi per pagarsi la scuola serale
e non aveva più paura degli uomini.
28 febbraio 2009
martedì 3 marzo al Teatro Sette di Roma...
... porterò in scena due monologhi tratti da "cose" che ho scritto.
Uno lo leggo io col mio bolognese lasagnotico e sarà "Sbologna"
e l'altro l'attrice Susy Laude, tratto dal mio romanzo "Lei che nelle foto non sorrideva".
Sperando che la gravida Susy, non partorisca proprio nel bel mentre (ma per questo le telecamere sono pronte nell'evenienza) vi aspetto, o chi per voi...
Avrete l'occasione di assaporare anche altri autori, sotto l'ala magistrale di Massimiliano Bruno, amico e collega di rara umanità che ha ideato questa iniziativa i cui proventi saranno devoluti per il Mozambico ( è una cosa seria, non una spilorciata di certi...)
www.paspartu.splinder.com
Uno lo leggo io col mio bolognese lasagnotico e sarà "Sbologna"
e l'altro l'attrice Susy Laude, tratto dal mio romanzo "Lei che nelle foto non sorrideva".
Sperando che la gravida Susy, non partorisca proprio nel bel mentre (ma per questo le telecamere sono pronte nell'evenienza) vi aspetto, o chi per voi...
Avrete l'occasione di assaporare anche altri autori, sotto l'ala magistrale di Massimiliano Bruno, amico e collega di rara umanità che ha ideato questa iniziativa i cui proventi saranno devoluti per il Mozambico ( è una cosa seria, non una spilorciata di certi...)
www.paspartu.splinder.com
18 febbraio 2009
tu che ridi di traverso
Con quella bocca storta a metà
penso che sia tu quella che ha qualcosa da dire.
E non sarebbe affatto noioso.
E sarebbe sporco il giusto.
E non deluderebbe.
Io? io spazzo la cucina e rammendo i vecchi merletti di una coperta che mi hanno regalato in un giorno che nemmeno era quello del mio compleanno.
Si sono sbagliati anche lì,
come si sono sbagliati sempre a ridefinire la mia vita.
Sono contornata da gente che mi conosce solo a metà.
Sono circondata da chi mi crede più bella di quel che sono.
Sono perplessa in questa bacinella di frasi fatte
in questo vicolo che è un cul de sac.
28 gennaio 2009
la casa di vetro
L'altra notte ho fatto un sogno
di cui ancora sto cercando di capire i significati reconditi.
C'era una casa, era la mia,
stava a piano terra ed era fatta di vetro
che ci si poteva vedere dentro.
Mi rendevo conto che qualcuno c'era stato in mia assenza e aveva spostato tutti i miei oggetti, sistemandoli in maniera differente da come ero solita tenerli io.
Poi c'era un computer in un anglo che mandava immagini di me stessa in bianco e nero.
Immagini molto belle, in cui io sorridevo e ballavo.
La cosa che subito mi aveva colpito era stata la sensazione netta che in realtà
chi aveva cambiando l'ordine dei miei oggetti ero stata io,
in mia assenza.
L'impressione è stata di aver agito e rimosso
la mutazione dell'ordine delle cose,
mentre chiunque da fuori
attraverso i vetri avrebbe potuto accorgersene...
18 dicembre 2008
risorgimento incorreggibile
Fiabe gotiche per bambini neri,
vorrei scrivere.
Com'ero io.
Una post-Calimero
un rossofumo pensiero.
Case come quelle dei film di Tim Burton,
scrigni, segreti, penne ad inchiostro trasparente.
Sogni reclusi, ali spezzate, nostalgie di risorgimenti.
Però poi, se vi vien da piangere, non fatevela con me.
Non è colpa mia, è la vita vera.
Quella che è giusto rendersene conto subito,
fin da bambini, finchè i dispiaceri sono risolvibili.
E' da grandi che non c'è nulla da fare.
E' da grandi che si è drammaticamente incorreggibili.
24 novembre 2008
chi fa da sè fa per sè
... e come si fa a rimpiangere gli anni 80 quando hai odiato i Moncler
... e come si fa a spolverare i libri letti tre volte
... e come si fa a lasciarsi amare da qualcuno che non vuole leggere i tuoi libri
... e come si fa a spazzolare il divano dalle briciole dei biscotti scaduti da due settimane
... e come si fa a smanettare con la Play station alle tre di notte
... e come si fa ad uscire sotto la pioggia con le ballerine di Chanel
... e come si fa a lucidare le scale con i muratori che lavorano
... e come si fa a pensare al cinema mentre vedi serie tv su serie tv
... e come si fa ad accendere la televisione solo per vedere film classici di 50 anni fa
... e come si fa a farsi mora quando dentro ti senti bionda
... e come si fa a pensare all'America quando vivi nel centro di Roma
... e come si fa ad ascoltare il jazz quando ami il dark
... e come si fa...
12 novembre 2008
il tè delle 5, ma della notte...
Tu sei femmina ma prediligi amici maschi. Non per secondi fini ovvi, ma perché con le femmine sei talmente esigente che raramente ti ci trovi bene. Sai quanto per te sia difficile trovare nel genere femminile individui con cui trovarti a tuo agio. Hai avuto poche amiche ma in quel caso sono state vere, e ci hai messo anni a rendertene conto. Sei pignola e selettiva con le donne come non lo sei con gli uomini.
Gli uomini non ti fanno paura, le donne sì.
Non è il confronto, non centra nulla, è che temi di incontrare quella parte esponenziale del tuo stesso genere che ti fa incazzare e deprimere insieme. Quella parte che fa essere i maschilisti tali.
Se ammetti che un uomo possa sbagliare, perché è insito nel suo essere, ad una donna non lo permetti.
Di come possano essere gli uomini non ti importa, perché con loro in un modo o nell’altro rimedi, o non li consideri di pezzo, o ti piacciono caratterialmente, o li tolleri senza fatica. I maschi non ti buttano giù. Le donne si.
Perché temi di incontrare quella che saresti potuta essere 300 anni fa.
03 novembre 2008
lost luciana
Era una ragazza che attirava gli sguardi su di sé. Più non avrebbe voluto e più faceva di tutto per non evitarlo. Era piena di contraddizioni e con lei la sua intera vita. La gente la guardava. Per strada. Sul tram. Nei bar. Non la conosceva eppure la guardava con la stessa curiosità che a volte si riserva alle donne che vengono scambiate per attrici. Lei assomigliava a Luciana Gilli, era un po’ più sciupata, ma arraffazzonadola avrebbe anche potuto posare per qualche fotoromanzo. La gente era attratta prima da com’era vestita specie se indossava la minigonna, poi gira e rigira, sì le scarpe, sì le gambe, sì la pancia, sì il seno, andava sempre a finire che la guardavano in faccia. Aveva un’aria furtiva e crucciata che la faceva sembrare in fuga da qualcosa.
Ed era andandosene in giro così che incuriosiva i passanti, per colpa di quell’alone di mistero trasandato con cui si circondava involontariamente.
27 ottobre 2008
10 ottobre 2008
l'amore non abita più qui
A lui gli si sciolgono gli occhi,
si china sulla sabbia e con le mani che tremano ma sono caldissime
raccoglie l’elastico della tua calza autoreggente
che di autoreggente aveva solo il nome.
Dalla caviglia lo fa scorrere lungo la gamba,
fino sopra il ginocchio.
Sulla coscia tentenna. Esita. Tergiversa.
Tu ammicchi controvento una smorfia sbigottita.
Intanto affondi alla deriva di un mondo ferito
dai tuoi stessi tacchi a spillo.
Come una Norma Desmond che organizza i suoi poker sul viale del tramonto.
Con quell’uomo al tuo fianco che è il tuo Buster Keaton.
06 ottobre 2008
sweet single banana
(photo by Cristiano Peluso)
Ti piace guardare il mondo tenendo la testa piegata.
Preferisci immaginare che la gente sia meglio vista dall’angolatura sbagliata.
Ritieni che l’intera vita vada presa alla stessa maniera di come quando inizia.
Per i piedi.
I neonati per quelli vengono presi quando arrivano al mondo, e quando per la prima volta respirando, piangono.
Questo, tutti abbiamo fatto per prima cosa: abbiamo pianto.
Ma prima del pianto ci sono stati i nostri piedi, in ordine d’importanza.
E sei sempre stato convinto quello fosse anche il punto di partenza per tutto.
Collezioni scarpe.
Vivi con una ragazza, che preferisci definire più coinquilina che fidanzata.
Eppure l’hai scelta tu e sei tu che hai deciso di portartela a casa e metterla a dormire nel tuo stesso letto.
Oltre che con lei, sempre più spesso finisci le tue serate a letto con le scarpe.
Le scarpe degli altri.
Le rubi in un locale che si trova vicino casa tua.
Lo "Sweet single banana".
E’ un club molto particolare. Uno di quei luoghi dove va la gente che cerca emozioni inconsuete.
Spesso sono coppie annoiate o in crisi che cercano di ritrovare lì dentro stimoli che riescano a farli andare avanti ancora un po’ e magari per sempre.
Oppure sono uomini e donne sole che cercano altri uomini e donne sole come loro, con lo stesso gusto per l’ indocilità.
Le scarpe che rubi lì dentro sono sia da uomo che da donna.
Quando torni a casa le sistemi nel letto. La cosa può non sembrare molto igienica ma tu sei il primo a sapere che non si muore per l’afrore dei piedi e nemmeno per quei pochi microbi che stanno appesi a quelle suole nuove.
Si tratta quasi sempre di “signore scarpe”: scarpe eleganti e tenute bene, con le suole appena consumate. Non sono certo suole quelle, con cui si è camminato molto, che sono state nel fango, nella terra o in luoghi sporchi.
Sono scarpe che quella gente usa per occasioni speciali e vengono trattate con i guanti.
Sono scarpe abituate a camminare su tappeti e moquette.
Quello che ti piace è distinguere in quelle scarpe i vari odori di cuoio, di sudore fresco, di solette di sughero, di profumo di donna.
Obblighi lei a indossarle.
Lei non replica.Indossa e tace.
Ti piace quando tace.
E vi mettete a fissare quel neon dalla finestra, che in rosso lampeggia: Sweet Single Banana.
E rimanete a guardarli camminare in strada, quelli che escono scalzi, perchè non hanno più trovato le loro scarpe.
State lì e guardate i piedi di quella gente.
Mentre tenete nel letto le loro scarpe.
03 ottobre 2008
parole da appartamento, non cani
Citofonare Interno 7
Sabato 4 ottobre
Ore 19
Via della Marranella, 60
Roma
Lettura di pagine inedite:
Cinzia Bomoll
Rosella Postorino
Cristiano Armati
Dario Morgante
Suoni:
EPO in duo
Quarto appuntamento con “Citofonare Interno 7”, l’evento domestico che, a partire dallo scorso maggio, ha visto la partecipazione, tra gli altri, degli scrittori Veronica Raimo, Francesco Pacifico, Nino D’Attis, Francesco Dimitri, Federica De Paolis, Giuseppe Carlotti e Luca Moretti.
La formula è semplice.
In un contesto intimo quale quello di una casa privata, gli scrittori invitati leggono pagine tratte dai romanzi inediti, terminati o ancora in via di stesura.
Un modo per testare in presa diretta i propri lavori, prima della pubblicazione cartacea degli stessi, il tutto al di fuori dei contesti soliti in cui viaggiano i libri.
Sabato ad alternarsi nella cucina dell’appartamento in via della Marranella saranno Cinzia Bomoll (Lei che nelle foto non sorrideva, Fazi, 2006) Rosella Postorino (La stanza di sopra, Neri Pozza, 2007), Cristiano Armati (ultimo libro Cuori rossi, Newton Compton, 2008) e Dario Morgante (ultimo libro La compagna P38, Newton Compton, 2008).
Come ogni appuntamento, spazio anche alla musica. E grande attesa c’è per la performance degli Epo, la band napoletana, tra le migliori realtà musicali della scena rock italiana.
25 settembre 2008
questione di tempo
Va tutto bene.
In casa la poltrona è al solito posto.
Fuori casa la strada è al solito posto.
Non c'è nulla da temere.
Non c'è nulla che è cambiato.
Camminate pure lungo le strade delle vostre città.
Non temete.
Tutto va bene.
Non c'è nessun pericolo.
State tranquilli.
Le zanzare tigre sono lontane ormai.
Il freddo porterà solo la solita influenza.
Avete le vostre medicine, non temete.
Stanno sempre là dentro ai vostri armadietti.
E gli armadietti stanno sempre al solito posto.
Se le medicine sono finite le farmacie ne sono piene.
Le farmacie stanno sempre al solito posto.
Come sugli scaffali i biscotti del Mulino Bianco.
Non temete. Non finiranno mai i biscotti del Mulino Bianco.
Tutto è sempre al solito posto.
La poltrona, la strada, gli armadietti, i biscotti.
Non c'è nulla da temere.
Proprio no. Lo dicono tutti.
Lo dicono anche al telegiornale.
Unico dettaglio: i biscotti costano un pò di più.
Però in compenso le medicine costano un pò meno.
Non temete.
Ci pensa il vostro stato a sistemare i bilanci delle vostre case.
L'importante è che le poltrone rimangano al loro posto.
Le vostre e le loro.
Tutto sempre al solito posto.
E quella voce che vi dice: non temete.
20 settembre 2008
sos ossa
Le ossa rotte non sono nulla
paragonate all'ossobuco dentro al quale puoi perderti.
Sì, so che è una frase stronza
ma è anche una scusa per fare un post
con "Bones" degli Editors.
Tiè. Eccoli immortalati.
19 settembre 2008
Elvis è come settembre: torna sempre
"Scrivere è una sconfitta. Non sappiamo niente, allora immaginiamo" (Tutto il freddo che ho preso, Grazia Verasani)
Boh, non lo so se è vero.
Forse sì, forse no. Forse non lo so.
Allora è vero che non sappiamo niente.
Piuttosto dipende dai giorni.
O magari dai mesi.
In questo settembre, sarà perchè mi sembra d'aver capito un pò di cose che non sapevo, o meglio, non volevo sapere, con quel tenere la testa sotto terra come gli struzzi... perchè avevo paura della luce come avevo paura dell'amore, che credevo fosse una cosa che fa obbligatoriamente male...
Sono stata una stupida per troppi anni.
Mi sa che sono stanca d'essere stupida.
Sono stupita adesso più che stupida.
Che poi, ah ah... mi faccio ridere da sola.
Mi ci lascio andare su questo settembre
come fosse il mio letto-cuccia-nicchia.
Scopro che è più facile abbandonarsi
che fare resistenza.
Si rischia meno rischiando che non rischiando.
Ora so che quello che fa male è il dubbio
non la verità.
Anche se è una brutta verità.
Forse perchè è proprio vero che noi che scriviamo, siamo sempre in grado di immaginare il peggio più che ammettere che non sappiamo nulla.
15 settembre 2008
infinite wallace
... che non la farà mai più è certo
chissà se è stato anche divertente.
Pendere da una corda per qualche secondo con la gola che ti si strozza potrebbe anche esserlo, se poi vai a stare meglio di prima...
e a maggior ragione se sei uno scrittore
perchè come diceva Marco Lodoli ieri sera a Piazza Re Di Roma
"fare lo scrittore è un modo per reagire alla realtà che di solito, per chi è sincero, realistico, senza paraocchi, e buon osservatore, è una realtà " non pura". E allora scrivendo ce la riscriviamo e inventiamo come ci pare e ci illudiamo, e sopravviviamo, pur sapendo che stiamo mentendo"
Lasciando perdere " i superficiali" che preferiscono foderarsi gli occhi col prosciutto e i bugiardi che dicono il contrario di quello che sentono, è vero che la realtà non è pura.
Ora, o la si accetta comunque e si è impuri come il 99% degli essermi umani
o si fa come Wallace, che a quanto pare, da scrittore, ha reagito con fin troppa ironia.
Divertente un cazzo.
E' una perdita abissale per tutti noi.
Quando è una talento a scomparire, mi dispiace,
ma per come la penso io, è peggio che se muore un cane per strada.
14 settembre 2008
l'uomo del giorno dopo
A questo punto la bellezza non c'entra più niente.
Forse servì a qualcosa, all'inizio
ma poi è stata dimenticata.
Resta quello che chiamano amore e basta.
Quello che capisci che ci sei dentro perchè ti sei rincoglionito.
E ti piace esserlo, era come se non aspettassi altro che arrivare a sentirti così.
Adesso hai una scusa da sfoderare durante le gaffes.
Puoi anche evitare di bere, che tanto l'effetto è lo stesso e costa meno.
Poi a volte stai male proprio come dopo le sbornie.
Anche di più. E' sto coltello nello stomaco che chiamano gelosia.
La gente col tempo ha dato un nome a tutte le cose, anche a quelle che un nome così definito non potrebbero averlo.
Perchè la verità è sempre di più che qualche definizione kitch, da romanzetto rosa o da pamplet francese.
La verità non si ferma mai alle parole, figuriamoci ad una sola...
Stai in piedi ma pendi, con le mani appoggiate alle tasche per darti un contegno.
A qualcuno puoi sembrare buffo: a quelli che ci sono già passati ma gli è finita male.
Ti è successo e basta. Ti ci sei ritrovato.
Forse nemmeno è dipeso da lei ma solo dal fatto che era al momento giusto nel posto giusto, con gli occhi giusti a guardarti a quel modo.
Poi tu l'hai magari anche un pò sopravvalutata, hai voluto arrenderti a lei, alle sue mani e a tutto il resto.
Succede. Succede a tutti almeno una volta nella vita.
Quelli che invece no, beh, quelli devono avere proprio qualcosa di difettoso a livello lombosacrale.
Perchè è da li che parte tutto.
10 settembre 2008
amarcord
Eccolo,
è fatto come un vocabolario ma è dato alla fantasia degli autori e al loro umore friabile e brioso definire la parola che hanno scelto.
Io, manco a dirlo, ho scelto "amarcord", e ironia della sorte, "n'amarcord piò" (non mi ricordo più) cosa ho scritto perchè è successo troppo tempo fa e ho perso il file nei meandri del computer.
C'era chi gli rimaneva "quel che resta del giorno", invece a me rimane quel che non resta della mia memoria in codesto libro.
Sbuco quasi con imbarazzo in mezzo a nomi verso cui nutro profonda ammirazione: si passa da Andrea Camilleri a Sandro Veronesi, da Erri De Luca a Giancarlo De Cataldo, da Melissa Panariello a Giorgio Faletti, da Paolo Nori a Tiziano Scarpa, passando per Enrico Brizzi, Paolo Giordano, Tullio Avoledo, Lidia Ravera, Domenico Starnone, Camilla Baresani, Giuseppe Genna, Luciana Littizzetto, Michele Serra, Marcello Fois, Diego De Silva e tantissimi altri.
Pubblicato da Fandango Libri, costa diec'euri.
25 agosto 2008
fame di Soprano
E' un pezzo che una delle migliori serie televisive di tutti i tempi
ha chiuso i battenti.
Eppure io me li sogno ancora di notte
quei bei "caratteri"
scritti da penne "brave ragazze".
Ora le sudette penne sono confluite in "Mad men"
ma, mi chiedo io, che fine ha fatto lo scenografo de "I Soprano"?
e il suo entourage di assistenti scenografi cuochi provetti?
Loro erano quelli incaricati a imbandire le numerose tavole
ad ogni puntata.
Perchè se c'era una cosa che ne "I Soprano" si faceva più che
sparare, spacciare e scopar mignottelle russe,
quella era mangiare.
Sempre a fagocitar delizie italoamericane, quelli...
Io, nel periodo in cui mi sono sparata in vena l'intero cofanetto
ho preso 5 chili !
mi facevano venire sempre fame guardandoli!
Ziti e cannelloni,
abbacchi e filetti all'aceto balsamico
pasta e imburrata
o a casa di Carmela o da Satriale's o all' O Vesuvio!
ogni volta, come piovesse cibo dal cielo.
Il cielo del New jersey,
il cielo sopra i Soprano.
A me la fame di loro ancora non è passata,
mentre mi consolo con "Mad men",
supercandidato per il 21 settembre....
25 luglio 2008
sunset limited
(dal numero di agosto 2008 si Satisfiction:)
Non è solo un treno.
E' anche un inedito di Cormac McCarthy.
Uscito due settimane fa. Va letto in un fiato.
E' un dialogo a due. Sembra scritto per il teatro.
Invece è un romanzo o qualcosa di simile.
Meglio: un romanzo in forma drammatica. Come suggerisce il sottotitolo. Se per forma drammatica si intende un dramma, il tema del testo è uno dei più indicati.
Ci sono due uomini: uno è bianco e uno è nero. Mica a caso.
Il bianco ha tentato il suicidio cercando di buttarsi sotto al "Sunset Limited".
Il nero l'ha salvato all'ultimo istante, strattonandolo dalle rotaie.
Il bello è che il nero ha fatto anni in galera per omicidio.
I due, in seguito, se ne vanno a casa del nero a bere un caffè. E il caffè che il bianco preferisce è coerentemente amaro.
E parlano della morte.
Troppa roba nera tutta in una volta può fare male?
E parlano di Dio.
Il nero crede, il bianco no. L'omicida cerca di convincere l'altro sull'esistenza di Dio.
Il bianco non cede. E' un professore di scuola, scettico come la carta moschicida appesa ai soffitti. Ed è proprio là che vorrebbe stare anche lui: appeso ad una trave.
Chissà se rimanendo solo in una stanza riuscirebbe magari a non farsi salvare dal primo stronzo che passa.
Dare dello stronzo ad un nero è fin troppo scontato, ma McCarthy riesce a farsi voler bene come sempre, ed è quello di sempre: quello la cui ironia cattiva, cinica, iperbolica piace tanto ai fratelli Coen.
Lo sanno tutti che il loro ultimo film è tratto dal suo omonimo "Non è un paese per vecchi".
Così come tutti dovrebbero sapere che "il sole non splende tutti i giorni sul culo dello stesso cane", come dice il "vecchio" Cormac.
Quello tra il nero e il bianco diventa un interrogatorio.
E' l'accusato di omicidio che fa l'interrogatorio all'ambizioso suicida.
Lo interroga sul senso della vita e sulle cazzate quotidiane. Che più o meno sono la stessa cosa. Roba come mangiare, bere, fare sesso, conoscere gente.
Poi gli domanda se farebbe del male alla gente che vede in metro, così come ne avrebbe fatto a se stesso.
Macchè: il male è roba da élite!
La risposta del bianco professore snob e suicida è perciò: no.
Il giudizio del nero omicida che gli ha salvato la vita è: sei pazzo.
Morale della favola, come si legge nella Bibbia: è la conoscenza che distrugge lo spirito. Ovvero la cultura porta al suicidio.
Non ce l'hanno mica detto, Heminguay e Mishima, cos'è che esattamente "porta i pendolari della vita a infilarsi in un bel cappotto di legno".
Ci prova McCarthy. E grazie tante.
Non è solo un treno.
E' anche un inedito di Cormac McCarthy.
Uscito due settimane fa. Va letto in un fiato.
E' un dialogo a due. Sembra scritto per il teatro.
Invece è un romanzo o qualcosa di simile.
Meglio: un romanzo in forma drammatica. Come suggerisce il sottotitolo. Se per forma drammatica si intende un dramma, il tema del testo è uno dei più indicati.
Ci sono due uomini: uno è bianco e uno è nero. Mica a caso.
Il bianco ha tentato il suicidio cercando di buttarsi sotto al "Sunset Limited".
Il nero l'ha salvato all'ultimo istante, strattonandolo dalle rotaie.
Il bello è che il nero ha fatto anni in galera per omicidio.
I due, in seguito, se ne vanno a casa del nero a bere un caffè. E il caffè che il bianco preferisce è coerentemente amaro.
E parlano della morte.
Troppa roba nera tutta in una volta può fare male?
E parlano di Dio.
Il nero crede, il bianco no. L'omicida cerca di convincere l'altro sull'esistenza di Dio.
Il bianco non cede. E' un professore di scuola, scettico come la carta moschicida appesa ai soffitti. Ed è proprio là che vorrebbe stare anche lui: appeso ad una trave.
Chissà se rimanendo solo in una stanza riuscirebbe magari a non farsi salvare dal primo stronzo che passa.
Dare dello stronzo ad un nero è fin troppo scontato, ma McCarthy riesce a farsi voler bene come sempre, ed è quello di sempre: quello la cui ironia cattiva, cinica, iperbolica piace tanto ai fratelli Coen.
Lo sanno tutti che il loro ultimo film è tratto dal suo omonimo "Non è un paese per vecchi".
Così come tutti dovrebbero sapere che "il sole non splende tutti i giorni sul culo dello stesso cane", come dice il "vecchio" Cormac.
Quello tra il nero e il bianco diventa un interrogatorio.
E' l'accusato di omicidio che fa l'interrogatorio all'ambizioso suicida.
Lo interroga sul senso della vita e sulle cazzate quotidiane. Che più o meno sono la stessa cosa. Roba come mangiare, bere, fare sesso, conoscere gente.
Poi gli domanda se farebbe del male alla gente che vede in metro, così come ne avrebbe fatto a se stesso.
Macchè: il male è roba da élite!
La risposta del bianco professore snob e suicida è perciò: no.
Il giudizio del nero omicida che gli ha salvato la vita è: sei pazzo.
Morale della favola, come si legge nella Bibbia: è la conoscenza che distrugge lo spirito. Ovvero la cultura porta al suicidio.
Non ce l'hanno mica detto, Heminguay e Mishima, cos'è che esattamente "porta i pendolari della vita a infilarsi in un bel cappotto di legno".
Ci prova McCarthy. E grazie tante.
21 luglio 2008
cappotto di legno
Il cappotto di legno
non è soltanto un abito scomodo
ma è come a Napoli chiamano poeticamente la bara.
Il Sunset Limited non è soltanto un treno
è anche il titolo di un libro inedito di Mc Carthy
che parla di omicidi, suicidi e caffè nero.
No, nulla di triste, anzi!
Giovedì sera, 24 luglio 2008, dalle 20 in poi alla libreria-enoteca Flexi
in via Clementina 9 a Roma (Rione Monti)
ci sarà la presentazione della rivista Satisfiction
che si trova nelle librerie Feltrinelli.
Tra le altre cose
l'attore e amico Giorgio Careccia
interpreterà una mia recensione del libro "Limited Sunset" di Cormac Mc Carty.
Per intenderci lo stesso di "Non è un paese per vecchi".
Poi non dite che non ve l'ho detto.
14 luglio 2008
mater matuta
“Le donne italiane hanno una bizarra caratteristica,
in confronto alle donne di altri paesi europei,
che può davvero loro ritorcersi contro.
Parlo dell'assurda capacità di dare ad intendere
di compiere un sacrificio
attraverso il sesso promiscuo.
La frequente voglia di fare l’amore con chi vogliono viene tradotta,
dal comune falso senso del pudore italiano,
in “buttarsi via, farsi del male, essere solo oggetto dell'uomo".
E loro risultano essere "puttane",
ma non nel senso più soddisfacente del termine,
piuttosto nel senso di martiri!
E solo come martiri si salvano la faccia
nei confronti della loro ipocrita società!
Bella scusa! Ma pericoloso espediente!
Finiscono per crederci anch’esse e rimangono vittime del loro stesso bisogno di espiare il falso pudore e salvare una falsa apparenza.
Tutta questa assurda fatica
solo perchè non ammettono
che semplicemente a loro piace molto fare l’amore.
Poverette! proprio non capiscono
che invece quella potrebbe essere la loro migliore via di scampo”
(udito in treno da una donna con accento francese)
12 luglio 2008
regina nera
... e poi eccola, che ritorna ...
stasera a Ostia Antica, nell'anfiteatro,
regnerà nuovamente, Lei,
l'icona indiscussa del gothic dark, da sempre.
Erano anni che non veniva in Italia
ed ecco finalmente
stanotte il cielo ribrillerà sopra Roma.
Saranno stelle nere,
saranno meglio delle solite.
Non si faranno notare per la loro luce
ma per il loro suono.
Siouxsie, è sempre stato talmente facile amarti.
08 luglio 2008
...eppur preferisco Duffy
Sì, indiscutibilmente ha più fascino Amy Winehouse,
trasgressiva, attaccabrighe, autolesionista e ribelle,
bella (dipende dai gusti, comunque carismatica certo) e maledetta,
anoressica e magra come un chiodo (pungente come un chiodo!)
con quella voce tra le spine e il velluto
con quei tatuaggi coraggiosi e arroganti,
(ne ha perfino uno con scritto Cynthia, forse dovrei farmene uno con scritto Amy?)
con quel cognome da "casa del vino" che è tutto un programma!
Eppure io preferisco Duffy,
con quel nome da puffo
con quell'aria "Barbiesca" da fidanzatina d'America,
adatta giusto per la pubblicità del Baby Shampoo Johnson!
Come artista, non le daresti due lire,
a vederla, sembra la brava ragazza che tutte le suocere vorrebbero,
eppure quando ricanta "Piece of my heart" di Janis Joplin fa accapponare la pelle
e tira fuori una voce cartasmerigliata e un piglio cattivo
che a confronto, quello di Amy, è un burro...
e poi diciamoci la verità...
ormai è più difficile, raro, originale e veramente "trasgressivo"
essere brave ragazze, o almeno sembrarlo.
Ormai tutto è stato detto e tutto è stato fatto,
mica siamo negli anni '60 dove faceva fico morire d'overdose.
Adesso si sa, che chi ha le palle, le pere non se le fa,
e che ci vuol più coraggio a prender la vita da lucidi.
Se poi riesci anche ad essere felice,
e non andare in giro a buttarti via, di 'sti tempi, con tutte le ragioni che ci sarebbero,
e se sei un'ottima cantante rock senza bisogno di massacrarti,
beh, allora devi proprio essere un genio!
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